Nel nostro ruolo di consulenti di marketing per le aziende, ci capita di confrontarci con situazioni molto diverse sia per modello di business che per le aspettative che vengono riposte nel nostro lavoro.
Non c’è, infatti, un unico motivo per rivolgersi a un consulente esterno: le cose possono cambiare molto, ad esempio, se la richiesta arriva direttamente dalla proprietà oppure dall’ufficio marketing; se si tratta di ripensare le strategie per dare maggiore impulso a un mercato già esistente oppure di approcciarsi a uno completamente nuovo (ad esempio, a livello geografico).
Tenendo presenti queste differenze e le diverse difficoltà che si possono creare, in questo articolo vogliamo dare una panoramica di come può svolgersi il nostro lavoro, di cosa può portare e soprattutto di come dovrebbe muoversi l’azienda per approfittarne al meglio.
Un piccolo vademecum, quindi, affinché l’investimento nel consulente esterno di marketing porti il massimo rendimento.
L’incarico: chi e perché chiama il consulente
Chi chiama il consulente?
Come già anticipato, il consulente esterno può essere chiamato o direttamente dall’ufficio marketing o dalla proprietà (o dal top management) dell’azienda.
Affinché una consulenza si svolga al meglio, è importante che intorno al consulente si crei un clima di piena fiducia e collaborazione: di condivisione delle informazioni, di disponibilità a discutere insieme le diverse strategie, di reciproco rispetto.
Questo clima è molto più facile se la richiesta di un arrivo è arrivata direttamente dall’ufficio marketing. Nel secondo caso, invece, diventa importante che il top management e/o la proprietà favoriscano questa atmosfera presentando il consulente esterno come un aiuto e non come un segnale di sfiducia verso il lavoro dell’ufficio marketing interno.
Il momento della consulenza, in effetti, rappresenta di solito un arricchimento per chi è già dentro l’azienda: è la possibilità di confrontarsi con un metodo di lavoro diverso, imparare nuovi approcci e crescere professionalmente e questi aspetti vanno valorizzati fin dalla presentazione del consulente, o anche prima.
Perché?
Non di rado il consulente viene chiamato perché servono competenze che l’azienda non ha al suo interno. Tra gli esempi più comuni, ci sono…
- l’azienda che si apre al web, magari con un nuovo e-commerce;
- l’azienda che vuole inserirsi in un mercato geografico diverso;
- un prodotto nuovo, che ha un target diverso da quello abituale, per cui si cerca un sostegno da qualcuno con più esperienza nel settore che si vuole approcciare;
- un passaggio da B2B a B2C o viceversa…
Ovviamente questo elenco non è esaustivo.
In altri casi si tratta di una necessità di aiuto dovuta al tempo. Quando il reparto marketing è impegnato h24 con una miriade di task e di attività, si può ricorrere a una forza esterna per aiutarlo in un settore specifico, o per affiancare l’imprenditore nell’impostazione di un nuovo piano strategico.
In ogni caso, la raccomandazione è sempre quella di favorire la massima collaborazione. La presenza del consulente obbliga l’azienda ha recuperare il senso del marketing strategico e per questo il consulente può essere un alleato formidabile di chi si occupa del marketing dentro l’azienda, valorizzandone il lavoro.
Stabilire le tempistiche
È arrivato il consulente? Perfetto! Tra una settimana faremo il prossimo lancio del prodotto, già domani possiamo inviare un mailing per quest’altra iniziativa che avevano in progetto da tanto, il mese prossimo facciamo quest’altra cosa e tra due mesi vedremo i risultati…
È evidente che se la collaborazione parte con queste premesse e queste aspettative da parte dall’azienda, non può funzionare. Eppure, di fronte a un esterno spesso si attiva una sorta di frenesia nei responsabili aziendali, che improvvisamente si trovano a voler realizzare di tutto e subito. Vengono recuperati mille progetti, obiettivi, idee che erano state accantonate spesso per mancanza di tempo, concentrandosi generalmente sugli aspetti tattici del lavoro di marketing.
In questo modo si perde però il focus sul vero valore della consulenza di marketing, ovvero la sua parte strategica: fare tutto subito significa a conti fatti muoversi alla cieca. Pretendere di vedere risultati immediati è semplicemente controproducente.
Al contrario, chi si rivolge a un esterno deve capire che lasciargli il tempo di conoscere l’ambiente e la struttura dell’azienda è fondamentale. Serve un periodo piuttosto lungo esclusivamente di audit e di ricerche di mercato, indispensabile per formulare strategie effettivamente efficaci.
In cosa consiste il lavoro di audit
Il primo periodo all’interno di un’azienda è sempre esplorativo. Oltre a studiare il prodotto e i mercati con estrema attenzione, osserverà le dinamiche interne all’azienda per comprenderne il modo di lavorare.
Potrebbe fare dei test di mercato tramite piccole iniziative, che però vanno viste come esplorative e non come orientate al raggiungimento degli obiettivi di vendita.
La conoscenza (anche molto approfondita) di un certo mercato non può trasformarsi in un motivo per ignorare quello che avviene all’interno dell’azienda: sono le dinamiche interne, infatti, che ne definiscono le possibilità, i punti di forza e di debolezza.
Durante l’audit, il consulente vive l’azienda anche a livello fisico. Parla con chi la compone, raccoglie i diversi punti di vista, ne respira l’atmosfera… tutto questo porta a una serie di vantaggi evidenti:
- conquistare la fiducia degli altri soggetti coinvolti nel progetto
- comprendere meglio quali strade possono essere percorse e quali no, in base a come l’azienda funziona nel concreto
- creare un piano di comunicazione aderente al mood interno e sostenibile nel tempo.
Nei nostri progetti ci preoccupiamo sempre di inserire un periodo di audit della durata di circa un mese o di un mese e mezzo. L’audit è una fase essenziale del nostro lavoro proprio perché ci permette di entrare all’interno dell’organizzazione aziendale e dei diversi meccanismi che ne regolano il funzionamento.
È sottinteso che, per favorire un’osservazione più neutra possibile e per evitare di disperdere risorse, durante la fase di audit l’azienda non dovrebbe prendere nuove iniziative di marketing ma semplicemente seguire quanto già tracciato.
Con chi lavora il consulente?
Come già accennato, il consulente dovrebbe essere presentato a tutti e dovrebbe poter dialogare apertamente con tutti, già fin dalla fase dell’audit.
Tuttavia, nelle fasi successive deve avere la possibilità di rivolger a un soggetto ben specifico, un referente sicuro che possa supportarlo nelle sue richieste di informazioni, discutere delle opzioni di lavoro e via dicendo.
Sapere con sicurezza a chi rivolgersi per ogni questione è fondamentale per il buono sviluppo della consulenza.
In conclusione…
Tempo, collaborazione, organizzazione: queste tre parole sintetizzano bene quello che serve affinché il consulente esterno lavori al suo meglio e porti, quindi, il massimo del valore in azienda.
Tempo perché non si possono pretendere né azioni immediate, né tanto meno risultati rapidissimi. Al contrario il consulente deve avere il tempo per entrare al meglio nelle dinamiche aziendali e poi per impostare e iniziare a portare avanti strategie ambiziose.
Collaborazione, perché è essenziale che al consulente marketing vengano fornite le informazioni necessarie a svolgere al meglio il suo lavoro e che possa confrontarsi in modo franco sulle diverse opzioni sul tavolo.
Organizzazione, infine, perché è solo una buona organizzazione che permette di soddisfare i due requisiti precedenti.
A queste condizioni, il lavoro di consulenza si concentrerà al massimo sugli aspetti strategici e consentirà al team di crescere a livello di competenze, individuare nuove strade, lavorare su KPI ambiziosi ma realistici, impostare strategie di comunicazione efficaci anche sul medio periodo.
Tutto questo è ciò che consente a qualsiasi azienda di crescere e di acquisire, al contempo, competenze precedentemente non presenti.