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Il marketing per le commodities: una sfida che è possibile vincere

Di recente, nella discussione con un cliente, uno dei temi affrontati è stato il percorso intrapreso dal suo brand per distinguersi in un mercato di prodotti percepiti, generalmente, come commodities.

Il tema è estremamente interessante e vale la pena affrontarlo con un articolo che potrebbe essere di spunto a molti imprenditori. Il marketing è basato sull’idea stessa di distinguersi, differenziarsi rispetto alla concorrenza; quando il prodotto è sostanzialmente indifferenziato rispetto a quelli dei concorrenti, come comportarsi? La guerra dei prezzi è l’unica chance?

Ovviamente no. In realtà, la percezione stessa di un prodotto come commodity è soggetta a variazioni nel tempo. Vediamo, quindi, cosa può fare l’azienda produttrice per non vedere il suo prodotto confuso tra i tanti.

 

Cos’è una commodity

Commodity è, sinteticamente, un prodotto percepito in modo indifferenziato dal mercato. Proprio per questo, il prezzo viene stabilito dal mercato tramite classiche dinamiche di domanda-offerta e si riverbera poi su tutti i produttori.

L’esempio classico sono i prodotti agricoli come, ad esempio, il grano: chi acquista grano lo fa ad un prezzo di mercato variabile di anno in anno, applicato a tutti i produttori, senza che una qualche differenziazione di qualità abbia un peso di rilievo.

È proprio con riferimento alle derrate agricole come grano, mais, zucchero, caffè e tanti altri prodotti, infatti, che è nato il termine commodity. Da lì si è allargato alle materie prime di natura estrattiva come ferro o petrolio, che sono soggette alle stesse dinamiche. Il famoso prezzo del barile di petrolio varia di giorno in giorno, ma si applica indifferentemente a tutti i produttori.

Un’ulteriore espansione semantica ha poi portato a essere definiti come commodities tutti quei prodotti industriali che vengono percepiti come sostanzialmente indifferenziati dalla clientela. L’elenco sarebbe potenzialmente infinito: dalle mollette per il bucato alle risme di carta, le nostre case traboccano di prodotti che sono stati acquistati scegliendo semplicemente il prezzo più basso, dato che non percepivamo differenze sostanziali o degne di nota tra una confezione e l’altra.

Eccoci, quindi, al cuore del problema: i prodotti industriali percepiti come commodities possono affermarsi sul mercato tendenzialmente solo tramite la guerra dei prezzi rispetto ai competitor (tralasciamo, in questa sede, le dinamiche di distribuzione).

Quindi, alle aziende non resterebbe altro che lavorare con bassa marginalità, limando al massimo sui costi e rischiando di essere spazzate via dal mercato non appena arriva un concorrente più efficiente.

Oppure esistono alternative in grado di conferire maggiore stabilità al business?

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Combattere la commoditizzazione

È facile capire che ciò che qualifica un prodotto (o un servizio) come commodity è, in fin dei conti, la percezione del cliente. Il prodotto è commodity se il cliente non gli riconosce caratteristiche distintive: o perché effettivamente non ne ha o perché quelle che ha non sono da lui considerate rilevanti. Difficile vendere un pieno di benzina a un prezzo più alto della media sul mio territorio semplicemente perché il mio servizio clienti è migliore del mio competitor.

L’azienda che vuole scongiurare il rischio della commoditizzazione, o che vuole uscire da questa situazione, può seguire due strade:

  • Differenziare il prodotto, lavorando sulle sue caratteristiche.
  • Lavorare sul brand, ottenendo quindi il risultato di valorizzare tutti i propri prodotti.

Gli esempi possono essere infiniti. Prendiamo, ad esempio, un mercato tendenzialmente commoditizzato come quello dei saponi per le mani. Quali possono essere le strategie di un’azienda che vuole che il suo prodotto emerga?

  • Se sceglie di puntare sul prodotto, può farlo studiando e comunicando formulazioni particolari, packaging particolarmente attrattivi, caratteristiche innovative. Questa strategia può essere vincente, ma c’è un rischio molto alto che, invece, il pubblico semplicemente non recepisca la differenza o non gli attribuisca valore. I saponi, continuando con l’esempio, sfoggiano una varietà impressionante di ingredienti-base, profumazioni, confezioni colorate… ma raramente il consumatore assegna un valore importante a queste caratteristiche.
  • Se, invece, l’azienda sceglie di puntare sul brand, si avrà un effetto a cascata su tutti i suoi prodotti. Alla base della comunicazione deve esserci uno sforzo ben orchestrato e diretto verso un posizionamento preciso; la brand consistency è fondamentale. Un esempio eccellente in questo senso è quello di Dove, che porta avanti ormai da molti anni una campagna di comunicazione coraggiosa, profondamente valoriale, con la quale ha davvero saputo far emergere il proprio brand tra competitor tendenzialmente commoditizzati.

 

Le trappole di un brand fin troppo forte

C’è un caso particolare in cui un brand molto forte, direttamente collegato a un prodotto tendenzialmente commoditizzato, finisce paradossalmente per essere uno svantaggio per l’azienda che lo detiene, ovvero il caso delle metonimie.

Due nomi, su tutti: Scottex e Post-It. Entrambi sono brand così forti da essere diventati termini di uso comune: nessuno dice infatti “carta assorbente per la casa” oppure “bigliettini autoadesivi”.

Al tempo stesso, però, la differenza rispetto ai prodotti della concorrenza è percepita come molto scarsa.

Chi va ad acquistare un blocchetto di “Post-It”, infatti, prenderà semplicemente quello che trova in cartoleria, o al massimo quello più economico; molto difficilmente cercherà davvero il brand Post-It.

La 3M Company, proprietaria del brand Post-It, potrebbe quindi trovarsi nella spiacevole situazione in cui, quando cerca di pubblicizzare il proprio prodotto, in realtà lavora per i competitor.

Anche una strategia puntata sul brand non può, in altre parole, prescindere completamente dalla comunicazione sul prodotto; vale a dire che non può oscurarlo. Non a caso, la stessa Dove nel tempo ha alternato campagne di ampio respiro a campagne più tradizionali incentrate sui singoli prodotti.

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Identificare le opportunità del mercato

Nella lotta contro la commoditizzazione, è essenziale intercettare le tendenze di mercato che possono influenzare a vario titolo le scelte dei consumatori.

Sappiamo bene che lo scenario è mutevole e che spesso esistono opportunità insospettate per le aziende che hanno la pazienza e la volontà di indagare; queste opportunità possono derivare dai cambiamenti nella tecnologia, nei consumatori, nelle dinamiche di mercato…

Lo strumento per farle emergere è la ricerca di mercato.

Il marketing è anche una questione di tempistiche e arrivare primi è un grande vantaggio. In passato ci è capitato, ad esempio, di proporre a un’azienda cliente una strategia per sviluppare un progetto legato a una di queste opportunità; l’azienda la rifiutò, ma poco dopo fu un concorrente a lanciare qualcosa di simile.

A volte le opportunità vengono da una maturazione dei consumatori, che nel tempo innalzano il livello della loro consapevolezza verso un certo prodotto e iniziano quindi a fare distinzioni molto più severe sulla base della qualità. Persino tanti prodotti agricoli che fino ad alcuni anni fa erano sostanzialmente considerati commodities oggi sono, invece, brand di fatto: si gioca sulle terre di origine, su certe caratteristiche di forma o di sapore, sui metodi di coltivazione per far sì che il consumatore scelga il proprio pomodoro, la propria zucca, le proprie mele.

I vari consorzi agricoli locali si occupano proprio di questo: di far emergere un certo prodotto dalla commoditizzazione.

Quando queste operazioni riescono nel loro intento, il prezzo di vendita sale velocemente. Ad esempio, ormai è normale trovare in vendita certe varietà di pomodori anche a 7-8 euro al kg.

 

Conclusioni: lavorare sul brand e sul prodotto per proteggere prezzi e quota di mercato

Chi produce e rivende un bene identificato dal pubblico come commodity può fare molto per de-commoditizzare il proprio prodotto e riuscire, così:

  • a innalzare il prezzo di vendita;
  • a proteggere la propria quota di mercato, fidelizzando i clienti.

La prima strategia su cui si può puntare è la valorizzazione del prodotto, cercando di farlo emergere per le sue caratteristiche. Questa soluzione può essere molto efficace, ma in certi mercati non è affatto semplice identificare caratteristiche differenzianti a cui gli acquirenti diano davvero importanza.

La seconda è lavorare sul brand, posizionandolo. Questa strategia è generalmente efficace, ma occorre fare attenzione che la comunicazione sia adeguata e che ci sia un effettivo allineamento tra quello che il brand vuole comunicare e ciò che il brand effettivamente è.

Spesso le opportunità per differenziarsi emergono anche per mutamenti nel mercato: nelle abitudini dei consumatori o nella loro consapevolezza rispetto al prodotto.

Per riuscire a coglierle è utile ricorrere a una ricerca di mercato, che potrà evidenziare queste variazioni prima che diventino evidenti e che possano quindi essere sfruttate dai competitor.

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