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Ecco la Matrice BCG e il suo contributo alle strategie di marketing differenziate per prodotto

Nei nostri articoli ci soffermiamo spesso sulle strategie di marketing che le aziende possono adottare. La strategia generale, però, è solo un punto di partenza: andrà poi differenziata quando si scende a livello di promozione del singolo prodotto.

È esattamente qui che entra in gioco uno degli strumenti più interessanti del marketing, ovvero la Matrice BCG.

I diversi prodotti, infatti:

  • Possono essere stati sviluppati per venire incontro a target diversi.
  • Possono avvicendarsi nel tempo per rispondere comunque a uno stesso bisogno di uno stesso segmento di clientela. 

Tralasciamo per adesso il primo caso, quello in cui l’azienda si rivolge a mercati diversi, e quindi la strategia di marketing per ciascun prodotto deriverà dagli obiettivi che si è data per quel mercato specifico. 

Concentriamoci invece nel secondo caso: prodotti che insistono sullo stesso mercato, ad esempio perché rappresentano metodi alternativi di soddisfare la stessa necessità (si pensi alla varietà di offerta che ci può essere, ad esempio, nella categoria “primi piatti surgelati”) oppure perché rappresentano in qualche modo uno un’evoluzione dell’altro,  pur essendoci buone ragioni per restare tutti all’interno del catalogo dell’azienda.

Come bilanciare gli investimenti tra i diversi prodotti? Dove conviene insistere, e dove invece è meglio alleggerire la spesa? E il portfolio attuale è sufficiente, oppure dovrebbe essere integrato con prodotti nuovi?

La Matrice del Boston Consulting Group (che alcuni chiamano, brevemente, Matrice di Boston) permette di mettere ordine nel proprio portafoglio prodotti e rispondere quindi a queste domande.

Cos’è la matrice di Boston

La Matrice BCG viene sviluppata negli anni ’70 dalla celebre agenzia di consulenza di cui porta il nome e da allora è entrata di diritto tra gli strumenti più citati del marketing.

Sostanzialmente, si tratta di un piano cartesiano sul quale si rappresenta quanto sta crescendo un certo mercato e quanto, invece, è rilevante il nostro prodotto al suo interno. La sua costruzione è quindi concettualmente semplice, ma gli sviluppi sono estremamente interessanti: permette infatti di individuare un’evoluzione del prodotto che si sposa perfettamente con il grafico del ciclo di vita del prodotto stesso.

In questo modo diventa più facile capire se un prodotto è ancora in una fase di crescita, se ha raggiunto la maturità o se è in declino. In base a questa consapevolezza, l’azienda deciderà qual è l’ammontare delle spese in comunicazione che è opportuno dedicargli.

Cos’è una ASA, o SBU

Il primo passo per disegnare una buona Matrice di Boston è definire di quale Area Strategica di Affari (o Strategic Business Unit, in inglese) ci stiamo occupando.

L’ASA è l’area di attività in cui l’azienda ha deciso di agire. A seconda del caso specifico può essere rappresentata da un mercato ampio oppure da un suo segmento ristretto; parlando per metafore, è il terreno di gioco in cui l’azienda si sta muovendo, quello in cui effettivamente compete o vuole competere.

Di ogni ASA dobbiamo conoscere il valore totale dei fatturati e come cambia nel corso del tempo. Per ogni nostro prodotto all’interno di quella stessa ASA, invece, dovremo conoscere la quota detenuta da noi e quella detenuta, invece, dal player principale (ovvero il prodotto della concorrenza che detiene la fetta maggiore del mercato).

Tutta l’analisi successiva si baserà sui dati relativi alla crescita dell’ASA e dei prodotti al suo interno: capite bene, quindi, che sbagliare la definizione dell’ASA significa sbagliare l’analisi successiva. Questo avviene, ad esempio, quando se ne considera una troppo ampia rispetto alle effettive possibilità dell’azienda, o al contrario una troppo stretta che soffoca il prodotto ben prima che esso abbia espresso le proprie potenzialità.

Come si costruisce la Matrice BCG

Adesso che abbiamo individuato la nostra ASA, proviamo a inserire i prodotti su un semplice piano cartesiano.

  • Sull’asse delle ascisse (X) rappresentiamo la quota di mercato relativa detenuta da un certo nostro prodotto. Attenzione: parlare di quota relativa significa che non è sufficiente prendere il valore della quota di mercato, ma occorre rapportarlo alla quota di mercato del concorrente principale. Che percentuale otteniamo?
  • Sull’asse delle ordinate (Y) rappresentiamo il tasso annuale di crescita dell’ASA di riferimento.

L’incrocio di questi due dati va quindi a posizionare ogni prodotto in un punto preciso del piano cartesiano. 

Ogni prodotto potrebbe avere una quota di mercato relativa pari al 10%, al 30%, al 66%…. o magari al 100%, se è il top seller per quel mercato.

Ogni ASA avrà un certo trend di crescita, anche questo stimabile da 0 a 100.

Tracciamo due linee a metà del grafico, una in orizzontale e una in verticale, e dividiamo la matrice in quattro quadranti. Questa è la forma che vediamo abitualmente per la Matrice BCG.

Le quattro aree e le strategie suggerite

Uno dei motivi per i quali la Matrice BCG è così famosa sono i nomi, molto fantasiosi eppure intuitivi, che vengono dati ai prodotti nei diversi quadranti.

  • Il prodotto ha una quota di mercato bassa, ma è inserito in un’ASA che cresce rapidamente? È un Question mark, o Wild Cat. 
  • Siamo in una ASA che cresce rapidamente e abbiamo una quota di mercato alta? Si parla di prodotto Star.
  • Quota di mercato relativamente alta, ma detenuta in un’ASA con basso tasso di crescita significa che siamo di fronte a un prodotto Cash cow (una “mucca da mungere”).
  • Un prodotto poco affermato e che per di più si muove in un’ASA con basso tasso di sviluppo è un Dog. Sicuramente non un prodotto su cui puntare per il futuro dell’azienda. 

Le raccomandazioni sulle strategie da seguire sembrano, quindi ovvie: investi sui Question Mark quel tanto che basta per capire se possono svilupparsi, sostieni al massimo le Star, cerca di capitalizzare il più possibile dalle Cash Cow, liberati al più presto dei Dog.

In realtà la storia è più complessa di così e possiamo capirlo se stacchiamo gli occhi dall’istantanea del mercato attuale (rappresentata dalla Matrice BGC) per valutare invece come i prodotti si muovono nel tempo.

Il ciclo di vita del prodotto

Il ciclo di vita del prodotto ci racconta che un prodotto vive una fase di introduzione, una di crescita (se supera l’introduzione, ovviamente), una di maturità e infine una fase di declino.

Questi passaggi coincidono perfettamente con quanto ci racconta la Matrice BCG: i Question Mark sono prodotti appena introdotti nel mercato, la Star sono i prodotti in fase di crescita, le Cash Cow sono quelli ormai maturi mentre i Dog sono i prodotti in declino.

A maggior ragione, quindi, gli investimenti in linea generale dovrebbero essere tarati nel modo sopra sintetizzato:

  • Investire in fase di introduzione del prodotto (Question Mark), ma facendo attenzione a non esporsi troppo.
  • Sostenere il prodotto in fase di crescita (Star), mettendo anche in conto che in questo momento il prodotto non ripaga ancora, generalmente, l’investimento perché assorbe più risorse di quante ne generi.
  • Una volta che il prodotto ha raggiunto la maturità, ed è quindi un Cash Cow (quota di mercato alta, ma in un mercato ormai tendenzialmente stabile) è il momento giusto per limitare gli investimenti pubblicitari a quel poco che basta per mantenere la quota di mercato raggiunta, e approfittare invece della massima redditività del prodotto.
  • Quando il prodotto è infine in declino, non conviene più continuare a pagare per dare supporto al prodotto, neppure in quota minima. Idealmente il prodotto andrebbe eliminato, disinvestendo prima che inizi a rappresentare una perdita.

In realtà, il ciclo del prodotto può essere molto più complesso. Una certa Business Unit potrebbe modificarsi radicalmente per eventi esterni, affossando rapidamente anche un prodotto star o accelerando il declino di una cash cow. In fondo, basta un concorrente molto aggressivo o molto innovativo.

Oppure, l’azienda potrebbe adottare strategie specifiche per allungare la vita di una Cash Cow (cosa, ovviamente, sempre consigliabile). Le versioni “limited edition” di prodotti molto famosi possono essere viste, ad esempio, come un modo per prolungare l’appeal sul mercato di una Cash Cow.

Si potrebbe infine tentare di rivitalizzare un prodotto Dog, magari innovandolo o provando a introdurlo su una ASA diversa.

Avere ben chiara la situazione da cui ogni prodotto parte è però sempre un aiuto prezioso per elaborare strategie efficaci.

Ciclo ed equilibrio

In chiusura, vogliamo rimarcare come la Matrice BCG funzioni anche come metodo per verificare l’equilibrio del portafoglio prodotti nel suo complesso. Questo equilibrio si verifica, banalmente, quando l’azienda dispone di prodotti un po’ in tutti i quadranti, in numero equilibrato (o meglio ancora sbilanciato sulle Cash Cow).  

Il flusso di cassa delle Cash Cow permette, infatti, di portare redditività all’impresa e di creare le risorse necessarie a testare i nuovi Question Mark e sostenere le nuove Star. Questo ci ricorda anche che nessuna azienda può permettersi di adagiarsi su un unico prodotto, ma dovrà al contrario prepararsi per tempo affinché i prodotti che via via arrivano al declino siano sostituiti da quelli nuovi. 

La Matrice di Boston, in altre parole, può fornirci diverse chiavi di lettura del modo in cui un’azienda organizza o dovrebbe organizzare il proprio portafoglio prodotti:

  • ci suggerisce su cosa concentrare gli sforzi di investimento e dove, invece, disinvestire;
  • ci ricorda che il ciclo vitale di un prodotto non è completamente predeterminato: si possono spesso attuare strategie precise per prolungare la presenza del prodotto in un certo quadrante o favorire spostamenti dei prodotti da uno status verso un altro per noi più conveniente;
  • ci spinge, infine, a considerare il nostro portafoglio prodotti dal punto di vista della sua sostenibilità complessiva nel tempo, con particolare attenzione all’equilibrio da ricercare tra prodotti ancora agli inizi del loro ciclo e prodotti ormai maturi.

Si rivela così uno strumento estremamente prezioso per ogni persona incaricata di gestire il marketing e creare le strategie per ogni prodotto.