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I sette metodi più comuni per calcolare il giusto budget per l’advertising

Determinare il budget da dedicare all’advertising è sempre una sfida impegnativa per le aziende.

Alcune voci di bilancio possono essere valutate in termini di fabbisogno in modo abbastanza preciso, o di output; le spese di advertising invece hanno un grado di aleatorietà molto alto.

In certi casi, l’output dell’investimento può essere previsto con un buon margine di sicurezza: ad esempio, il ROI delle campagne di un e-commerce. Le attività di advertising nel loro complesso, tuttavia, sono un insieme molto più ampio: comprendono investimenti in brand awareness, o canali poco tracciabili, e in generale non è facile valutare a priori i risultati.

Inoltre, è opportuno destinare budget di importi diversi a seconda della fase di vita dell’azienda, dei suoi obiettivi commerciali o del mercato di riferimento, inteso sia come tipologia di pubblico da raggiungere che come comportamento della concorrenza. 

Ci sono però alcune metodologie consolidate che possono fornire un punto di partenza solido per stabilire il budget di advertising; ogni azienda sceglierà quale adottare in base alle proprie specificità e identificherà un suo metodo specifico che consisterà in un mix di due-tre dei metodi sotto esposti.  

Metodo nr. 1, o della percentuale sulle vendite

Il primo metodo, probabilmente quello utilizzato più spesso dalle PMI, consiste nel destinare all’advertising una certa percentuale fissa rispetto ai ricavi messi a budget per l’anno in corso (oppure, con un approccio più prudenziale, rispetto ai ricavi dell’anno precedente).

È un sistema semplice e sicuro perché l’azienda non si espone troppo a livello finanziario.

Via via che l’azienda cresce, le somme destinate all’advertising cresceranno proporzionalmente, accompagnando quindi lo sviluppo dell’azienda.

Tuttavia, questo sistema si rivela adatto perlopiù a business maturi; quando si ha a che fare con nuovi business o con aziende che vogliono lavorare su piani di espansione di mercato ambiziosi diventa limitante (o troppo aleatorio quando i calcoli sono fatti su valori a budget).

Metodo nr. 2, o dell’obiettivo da conseguire

Anche il metodo dell’obiettivo da conseguire è un sistema razionale, anche se un po’ più complesso come applicazione. In questo caso, il budget da investire viene scelto in base all’obiettivo di marketing che si vuole raggiungere.

In altre parole, rispondiamo a queste domande:

  • Quanto devo spendere per raggiungere un certo aumento nel volume delle vendite?
  • Quanto costa, in termini monetari, incrementare di X lo scontrino medio degli acquirenti?

E così via, a seconda dell’obiettivo prefissato.

Il limite maggiore di questo metodo è evidente: per conoscere il rapporto costi/risultati con un’approssimazione sufficientemente buona, occorre poter attingere a un set di dati ben nutrito.

Questo metodo diventa quindi applicabile o alle grandi aziende, che sono in grado di sostenere analisi di mercato e dei dati interni molto complessi, o quantomeno ad aziende che possono fare riferimento a uno storico consolidato.

E, ovviamente, potrebbe non avere senso in presenza di turbolenze troppo forti nel mercato e gli ultimi anni ci hanno mostrato che possono arrivare molto più facilmente di quanto pensiamo.

Nonostante questi limiti, in quei casi in cui si hanno sufficienti dati per dare stime appropriate, il metodo dell’obiettivo da conseguire è sicuramente tra i più validi ed apprezzati. Permette, tra l’altro, di evidenziare anche quando un obiettivo è troppo ambizioso rispetto alle risorse finanziarie dell’azienda. 

Metodo nr. 3, o della parità competitiva

I due metodi precedenti prendevano come riferimento principale l’azienda e le sue dinamiche interne: quale livello di ricavi ha raggiunto, o quali obiettivi vorrebbe raggiungere.

Se invece guardiamo all’esterno, una delle prime cose che noto è che il mio advertising dovrà competere con quello dei concorrenti. Ecco perché, in teoria, dovrei spendere almeno quanto loro se voglio perlomeno mantenere la mia quota di mercato, e non lasciare che la loro maggiore aggressività a livello commerciale finisca per erodere i miei ricavi!

Il metodo della parità competitiva prevede, quindi, di investire le stesse risorse che investono i propri competitor (o, quantomeno, di prendere questo valore come riferimento).

Questo metodo, sicuramente molto valido, ha però bisogno di due precisazioni:

  • Per poterlo applicare è necessario conoscere il livello di investimento in advertising dei competitor. Fortunatamente, è un dato che spesso può essere desunto con buona approssimazione.
  • Inoltre, nell’advertising un certo livello di spesa non è necessariamente sinonimo di efficacia. Questo concetto è sempre vero, ma diventa ancora più importante se il punto di riferimento è il lavoro dei concorrenti.

Pur con questi limiti, e anche se si decide di adottare un metodo diverso per la determinazione del proprio budget di advertising, è sempre una buona idea verificare che la cifra stanziata sia quantomeno in linea con quella investita dalla concorrenza.

Metodo nr. 4, o della quota di mercato

Applicando il metodo della parità competitiva, l’azienda metterà a disposizione dell’advertising la stessa cifra che mettono anche i concorrenti.

Ma è razionale che un piccolo competitor che fattura ad esempio 100, investa la stessa cifra rispetto al leader di mercato che fattura venti volte tanto? Ovviamente no.

Il metodo della quota di mercato nasce per integrare questa differenza nel sistema di calcolo. In questo caso, il piccolo competitor guarderà quanta percentuale dei suoi ricavi investe il leader di mercato e si adatterà investendo la stessa percentuale, calcolata sul proprio volume di ricavi.

Procedere così è più corretto quando il mercato è suddiviso tra player di dimensioni molto diverse tra loro. Tuttavia, anche in questo caso troviamo diversi limiti (che abbiamo visto anche in metodi precedenti):

  • Proprio come nel metodo della parità competitiva, occorre sapere quanto investe il competitor principale e assicurarsi che i soldi siano spesi almeno con altrettanta efficacia.
  • Proprio come nel metodo della quota di mercato, si tratta di adottare un’ottica sostanzialmente conservativa, che potrebbe non essere sufficiente a sostenere obiettivi di crescita.

Metodo nr. 5, o dell’unità di vendita

Non c’è molto da dire rispetto al metodo dell’unità di vendita: si tratta di un’applicazione specifica del già citato metodo dell’obiettivo da conseguire.

Limiti e vantaggi sono quindi gli stessi.

Metodo nr. 6, o dei budget totali disponibili

Usciamo da un’ottica conservativa, prudenziale, e prendiamo invece il caso di un’azienda che è determinata a conquistare molto velocemente la propria fetta di mercato, assumendosi anche rischi più alti.

Quest’azienda molto probabilmente destinerà tutti i propri profitti all’advertising, sacrificando temporaneamente gli utili e gli altri investimenti non indispensabili. Se l’obiettivo sarà raggiunto, gli azionisti (o comunque i proprietari) verranno più che ripagati negli anni successivi.

Si tratta di un’opzione molto rischiosa, ma più frequente di quanto si possa pensare. Lo fanno nuove realtà lanciate da società finanziariamente molto solide, che si propongono di sbaragliare così la concorrenza; lo fanno anche piccole start-up con scarsi finanziamenti alle spalle, ma con proprietari fortemente motivati e con una grande fede nel proprio business.

Metodo nr. 7, o dell’accessibilità economica

Il limite maggiore dei budget totali disponibili è dato dal rischio estremamente elevato: un investimento pubblicitario poco efficace, magari per problemi di valutazione del target o dei canali da utilizzare, potrebbe far fallire definitivamente l’azienda. Purtroppo, soprattutto con le start-up, gli errori non possono essere esclusi.

Lo stesso potrebbe avvenire però anche per cambi repentini nel mercato, o per altri imprevisti. Come già detto, è un metodo molto aggressivo ma anche molto rischioso.

Il metodo dell’accessibilità economica riprende l’idea di investire il più possibile in advertising, ma adottando un atteggiamento più prudente: si investe tutto quello che si può, ma solo una volta valutati gli altri costi necessari, così da non compromettere l’esistenza stessa dell’azienda in caso di errore o di cambi repentini nel mercato. 

Sembra quindi una buona strada da seguire per un’azienda ambiziosa, ma che non vuole rischiare troppo. In realtà è un metodo molto difficile da applicare perché i costi sono molti e hanno un alto grado di aleatorietà.

Di fatto l’azienda si trova a gestire una scelta tra i diversi tipi di investimento possibili, per cui non possiamo davvero parlare di “metodo” per la determinazione del budget di advertising poiché, di fatto, si tratta piuttosto di stabilire il budget dei costi dell’azienda nel suo complesso.

Qualità o quantità?

Finora ci siamo concentrati quasi esclusivamente sul dato quantitativo, ovvero il livello del budget per l’advertising messo a disposizione dell’azienda.

Eppure, sappiamo bene che per un buon advertising serve molto di più.

Occorre, intanto, avere un piano di marketing ben definito: aver individuato il giusto target, gli obiettivi, i canali distributivi.

E poi, forti di questi dati di partenza, vanno individuati al meglio i punti di forza dell’offerta e il modo di comunicarli, il mix di canali da utilizzare, le creatività. Vanno organizzati piani di comunicazione organica, che declinano il messaggio sui diversi media e/o sui diversi pubblici, possibilmente creando funnel adeguati per intercettare il possibile cliente e avvicinarlo sempre di più all’azienda.

Ebbene sì: per quanto un livello adeguato di investimenti in comunicazione sia necessario, il suo potenziale può essere espresso al meglio solo quando il piano di advertising sia stato stilato con attenzione e i messaggi dell’azienda resi memorabili anche grazie al contenuto creativo. 

Il giusto mix tra media, messaggio e creatività può fare differenze enormi. 

Esistono campagne pubblicitarie che hanno fatto la storia dell’advertising e portato certi prodotti al successo: dalle campagne della Guinness degli anni ’30 fino alla geniale (e low cost!) Will it Blend? della Blendtec dei primi anni 2000. 

Nell’advertising non bastano i soldi, in altre parole: occorre saperli tradurre nelle azioni migliori, spesso con un pizzico di coraggio.

Partire dalle giuste domande

In conclusione, ricapitoliamo quali sono le strade principali per stabilire il budget di advertising:

  • Si può fare riferimento al proprio fatturato, stabilendo una percentuale fissa da destinare all’advertising.
  • Si può fare riferimento agli obiettivi da raggiungere, o in senso generale o espressi in vendite.
  • Si può fare riferimento a quanto spendono i concorrenti (in senso assoluto o in percentuale sul loro fatturato)
  • Si può decidere di giocarsi il tutto per tutto, spendendo in advertising ogni euro possibile – o quantomeno ogni euro possibile, dopo che si sono messi in sicurezza gli altri investimenti necessari.

La risposta sul quale sia il metodo migliore per ogni azienda può venire solo da una riflessione approfondita sulle condizioni specifiche dell’azienda, dei prodotti, del mercato.

In ogni caso, è essenziale che il budget adeguato venga anche speso al meglio, attraverso un piano di advertising corretto e ben strutturato.

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