L’American Marketing Association definisce il brand come “un nome, un termine, un segno, un simbolo o un logo, o una loro combinazione, intesi ad identificare i beni o i servizi di un rivenditore o di un gruppo di rivenditori per differenziarli da quelli dei concorrenti”.
Il brand aggiunge elementi che in qualche modo differenziano l’offerta da altre rivolte a soddisfare la stessa esigenza. Queste differenze possono essere funzionali, razionali o tangibili, cioè correlate alla performance del prodotto identificato dal brand. Oppure, possono essere correlate a quello che il brand rappresenta – e quindi vengono identificate come simboliche, emozionali o intangibili.
Il brand aiuta i consumatori a identificare la fonte o il produttore di un bene, consentendo loro – individui od organizzazioni che siano – di attribuire responsabilità a un particolare produttore o distributore; o di valutare un prodotto a seconda di come è “brandizzato”. I consumatori scoprono quali brand soddisfano le loro esigenze e quali no principalmente dalle attività di branding: mezzo comunicativo/pubblicitario principale per assicurarsi un vantaggio competitivo.
Finalità del branding
Il branding consiste nell’attribuire a beni e servizi il potere del brand. E dunque è tutto ciò che serve a creare differenziazione. Per “marcare” un prodotto è necessario dargli un nome e usare altri elementi del brand per far sì che possa essere identificato e spiegare ai consumatori le caratteristiche del prodotto e perché dovrebbero tenerne conto. Il branding punta alla creazione di strutture mentali che aiutino i consumatori ad organizzare la loro conoscenza dei prodotti e dei servizi, in modo da poter fare scelte consapevoli, creando allo stesso tempo valore per l’impresa.
Affinché le strategie di branding abbiano successo bisogna convincere i consumatori dell’esistenza – nell’ambito di una categoria di beni o servizi – di differenze significative tra un brand e l’altro e allontanare da loro l’idea che tutti i brand siano uguali: bisogna comunicare una brand equity che sia in grado di differenziare realmente il brand.
Brand equity
La brand equity è quella risorsa immateriale complessa, consistente nel valore aggiunto apportato a beni e servizi da una molteplicità di fattori: la lealtà al brand, la notorietà e/o la conoscenza del brand, la qualità percepita, le associazioni mentali, i canali di distribuzione, il modo in cui i consumatori pensano, sentono e agiscono rispetto al prodotto, il prezzo e la redditività del brand per l’impresa. Per quest’ultima la brand equity rappresenta un importante bene immateriale dotato di valore psicologico e finanziario.
Secondo Aaker, la brand equity o patrimonio di marca si fonda, dunque, su dei beni intangibili che possono essere raggruppati in cinque categorie:
- brand loyalty o fedeltà al marchio
- brand awareness, cioè notorietà e riconoscimento del nome del brand da parte dei clienti
- qualità (globale) percepita
- associazioni relative al brand
- altri asset aziendali esclusivi come tratti distintivi, brevetti, marchi registrati, etc.
La brand equity può portare dunque un valore aggiunto all’azienda e ai relativi clienti (o sottrarlo) nella misura in cui, questi asset contribuiscono a interpretare, elaborare e immagazzinare grandi quantità di informazione sui prodotti e marchi. Parallelamente, vanno a incidere sulla maggiore o minore sicurezza che il consumatore ha al momento di compiere una scelta di acquisto; in pratica, le associazioni fatte dai consumatori con un certo brand possono determinare la scelta di acquisto, la qualità percepita e la customer experience. Secondo lo studioso americano, infatti, prima che al consumatore venga subito da pensare a un determinato brand, ci sono quattro fasi intermedie:
- Unaware of a brand: step nel quale il cliente non conosce la marca del prodotto: quindi, per lui il brand non esiste
- Brand recognition: fase nella quale, grazie a una conoscenza superficiale del prodotto, il brand inizia ad essere parzialmente apprezzato
- Brand recall: la parola stessa recall fa pensare ad un richiamo del brand nel momento in cui il cliente pensa ad un servizio di cui ha bisogno di una categoria di prodotti/servizi
- Top of Mind: momento in cui i potenziali clienti pensano subito ad una determinata marca per una specifica categoria di prodotti/servizi
Le aziende con un brand forte, quindi con una brand equity molto positiva, possono trarre grandi vantaggi dal valore di marca, dato che i consumatori sono disposti a pagare di più per quel prodotto (a parità di caratteristiche e qualità con un competitor) solo per il valore di marca. È invece negativa se, date le stesse circostanze, i consumatori rispondono meno favorevolmente all’attività di marketing.
Tutto questo porta a mettere a fuoco diversi benefici derivanti da una brand equity positiva. Ecco i principali:
- Migliore percezione dei prodotti/servizi offerti
- Livelli di lealtà al brand più alti
- Minore vulnerabilità ad azioni di marketing intraprese dalla concorrenza
- Minore vulnerabilità alle crisi economiche
- Possibilità di avere margini più alti sul venduto
- Maggiore stabilità (inelasticità) della domanda rispetto ad eventuali aumenti di prezzo
- Maggiore elasticità della domanda rispetto ad eventuali riduzioni di prezzo
- Maggiore cooperazione e supporto nel commercio (si pensi per esempio allo spazio in scaffale dei grandi supermercati per i beni di largo consumo)
È la conoscenza posseduta dal consumatore a determinare le differenze che si manifestano nella brand equity. Per dirla con le parole di kotler, la brand equity può essere considerata come un importante ponte strategico tra il passato e il futuro al servizio del marketing management e dell’impresa.
Molti brand hanno accumulato una brand equity considerevole, investendo risorse in attività di marketing che lasciano tracce preziose e durature nella memoria dei consumatori. Si pensi a un marchio come Vespa. Nonostante un mercato affollato di marchi molto forti, questo brand è riuscito ad acquisire grosse fette di mercato anche grazie alla brand equity costruita nel tempo e rimasta nella mente dei consumatori. Nel contempo saranno i consumatori, sulla base di ciò che pensano e avvertono nei riguardi del brand, a decidere quale direzione pensano che esso debba seguire e con quali modalità, accordando o negando il loro consenso ad ogni azione del programma di marketing.
A livello operativo, tutto ciò si riflette in investimenti a livello alto del funnel di marketing, in pubblicità dedicate alla conoscenza e diffusione del brand. Più si investe bene in questa parte del processo di acquisto, più i benefici sulle vendite saranno proficui e duraturi nel tempo: è grazie alla pubblicità su brand che si sfugge alla guerra dei prezzi e si fidelizzano i propri clienti- che poi nel tempo riacquisteranno, incrementando la redditività aziendale a costi contenuti.
Ovviamente, non tutti i brand hanno la forza economica di Vespa ma, quando si pianificano i budget sui canali pubblicitari, il mio consiglio è di dedicare sempre anche una piccola parte del budget in attività di branding.